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App-interviste: 2. Davide Sollazzi

Altre riflessioni e curiosità con la band di Marco. Oggi ci racconta le sue Davide Sollazzi.

Continua la rubrica delle App-Interviste. Dopo quella con Giovanni Pallotti, il bassista, ecco che, rullo di tamburi!, a rispondere alle domande c’è il batterista, il più piccolo d’età ma certo un tipo che si fa sentire.

Ciao Davide. Il Talk at Apple ci ha dato l’opportunità di vederti “a figura intera” e non tra un piatto e il rullante. Come ti è sembrato questo incontro?

“Il Talk di Apple è stata un’esperienza interessante e a tratti anche divertente. Sono rimasto piacevolmente colpito da alcune domande dei partecipanti, dettate da curiosità di carattere più tecnico e meno generale. Essendo la Band davvero simpatica poi, ci è voluto pochissimo a instaurare un rapporto amichevole e scherzoso con il pubblico.”

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando hai incontrato Marco...

“Il primo ricordo artistico legato a Marco è stato inevitabilmente il mio provino. Parliamo del 2009, prima della sua esperienza a X Factor. La band non esisteva ancora del tutto, c’era già Peter però. Lui stesso un giorno mi disse che c’era questa opportunità, che la produzione stava cercando un batterista e faceva dei provini. Affrontai la cosa, ma senza troppe aspettative (avevo 21 anni e pensavo principalmente a studiare lo strumento). A casa mi ero preparato i brani che avrei dovuto suonare, scrivendomi nel dettaglio le partiture con le strutture. Andai al provino, suonai i brani dicendo forse al massimo tre parole in due ore. Anche Marco ricordo non era di molte parole... era sul divano, osservava e ascoltava in silenzio, senza lasciar trasparire nulla. Pochi giorni dopo entrai a far parte della sua band.”

Un’immagine ben diversa da quanto vissuto allo Studio di Pagani.

“Sono sincero, quel mese trascorso con Marco nello studio di Pagani è stato uno dei periodi più belli della mia vita. Oltre all’esperienza artistica, affascinante e prestigiosa ovviamente, ricordo che noi quattro abbiamo legato ancora di più (semmai ce ne fosse stato bisogno). Di fatto non avevamo mai passato così tanto tempo insieme a Marco in un contesto così creativo. Noi tre (con Peter e Giovanni) siamo molto affiatati e con lui si è creato fin dal primo giorno di lavoro un clima molto bello. In più, eravamo in un vero parco giochi per ciò che riguarda la strumentazione. C’era di tutto e ogni cosa poteva ritagliarsi un suo ruolo all’interno di Atlantico, dalla kalimba e l’harmonium (in Dialogo tra due pazzi), alla celesta o alla chitarra portughesa. Quel mese ho vissuto in un appartamento con Peter, e mi ricordo che ogni mattina, durante il tragitto per arrivare allo studio, parlavamo dei brani che andavamo ad affrontare, delle sonorità di cui parlava Marco, dei riferimenti che ci aveva fatto ascoltare... insomma eravamo totalmente immersi in quella storia lì. Un piccolo film, tutto nostro.”

Un tour “primaverile” sold out. Riflessioni?

“Questo tour direi che è andato benissimo. C’è una super band, un palco pazzesco, un repertorio vario e stimolante dal punto di vista musicale... poi devo dire anche dal punto di vista scenico è maniacale nella cura dei dettagli. Rispetto agli scorsi tour, questo forse è un pò una sorta di Greatest Hits di Marco. Intendo dire che è il coronamento di 10 anni di carriera e, infatti, se si analizza la scaletta, si nota subito una massiccia presenza di brani che hanno segnato le sue varie tappe artistiche. Altro tratto distintivo di questo spettacolo è la parte centrale dello show, quella più “acustica”, che rappresenta una vera e propria novità rispetto agli altri repertori degli anni scorsi. Sette, otto brani interamente in acustico, con la band raccolta intorno a Marco, quasi ad avvolgerlo.”

Anche tu hai vissuto nello sleeping bus. Che ne pensi?

“Lo sleeping bus è stato fin dalla prima notte una vera casa per noi. Ognuno si è ritagliato il suo piccolo spazio (nel mio caso, piccolo per davvero) facendo attenzione a non invadere troppo lo spazio altrui e rispettandosi il più possibile. Ovviamente tutti questi buoni propositi sono durati solo il primo viaggio, ché fin da subito ricordo bellissimi momenti di degenero sociale. Come un djset notturno durato fino quasi al mattino, i tornei infiniti a scopa col buon Peter, i tornei dai toni educati e rispettosi a Fifa19 che ci accompagnavano di città in città.. La parte più discola del tour è stata decisamente quella!”